Corte dei conti: le passività pregresse non sono debiti fuori bilancio

di Marco Terzi

Quello delle passività pregresse è un tema assai delicato che spesso mette in difficoltà gli uffici finanziari. Specie ad inizio anno, quando gli impegni di spesa conservati a residuo per pagare le ultime fatture di servizi a carattere continuativo risultano talora insufficienti rispetto al fabbisogno. Sulla questione la Corte dei conti si è pronunciata a più riprese con pronunce utili a fare chiarezza. Vediamone brevemente alcune.

La Sezione Lombardia con deliberazione n.290/2023/PAR ha ribadito quanto già espresso in precedenza in merito alle passività pregresse. Esse non sono debiti fuori bilancio, per i quali, invece, il TUEL individua puntuali e tassative tipologie all’art.194, senza alcuna possibilità di estensione in via analogica. Diverse sono invece le caratteristiche procedurali che inquadrano le passività pregresse o arretrate. Si tratta di “(…) spese che, a differenze dei debiti fuori bilancio, si collocano all’interno di un ordinario procedimento di spesa. (…) spese per le quali l’Amministrazione comunale ha proceduto a un regolare impegno, ma che, per fatti non prevedibili, di norma collegati alla natura della prestazione, hanno dato luogo a un debito non assistito da idonea copertura ex art. 191 TUEL, che può rilevare come insufficienza dell’impegno contabile. Ponendosi, quindi, all’interno di una regolare procedura di spesa, la passività pregressa esula dalla fenomenologia del debito fuori bilancio, costituendo debiti la cui competenza finanziaria è riferibile all’esercizio di loro manifestazione. Lo strumento procedimentale, in casi come questi, è costituito di fatto dalla procedura ordinaria di spesa disciplinata dall’art. 191 TUEL, accompagnata dalla eventuale variazione di bilancio finalizzata al reperimento delle risorse ove queste risultino insufficienti (art. 193 TUEL).

La Sezione Sardegna con deliberazione n. 33/2021/PAR aveva già affermato che “Le passività pregresse derivano da impegni contabili assunti regolarmente ma che non risultano sufficienti a far fronte alla spesa in modo integrale, quando essa viene ad evidenza. Esse si verificano allorché, all’esito dell’assunzione del formale impegno, taluni fatti imprevedibili, talvolta (ma non necessariamente) legati alla natura della prestazione, sfuggono sia alla voluntas che all’auctoritas del soggetto che ha assunto l’obbligazione per conto dell’ente, incidendo, appunto, sulla misura del costo. (…) si riferiscono, come precisato, a spese comunque sorte nel rispetto delle regole contabili, presentando l’impegno originariamente assunto unicamente caratteristiche di incapienza”.

Fra le altre ricordiamo infine la deliberazione della Sezione Lombardia n. 82/2015/PAR che in materia di conguagli per il consumo di energia elettrica in esercizi finanziari differenti aveva chiarito che si tratta di spesa, “(…) per competenza finanziaria riferibile solo all’anno delle liquidazione degli importi; pertanto, l’imputazione al bilancio non può che avvenire nell’anno della comunicazione della fattura con la procedura ordinaria di spesa (art. 191 TUEL) mediante integrazione dell’impegno di spesa sino alla concorrenza del dovuto e, in caso di incapienza dei capitoli, mediante le necessarie variazioni di bilancio (…)”.

Qui i testi completi delle deliberazioni della Corte dei conti Sez. Lombardia n. 290/2023/PAR, della Sez. Sardegna n. 33/2021/PAR e della Sez. Lombardia n. 82/2015/PAR

© Per gentile concessione di Publika (pubblicato su EL News il 03/02/2025)

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